Il seguito del racconto “Se solo avessi saputo, avrei fatto tutto allo stesso modo” che trovi nella sezione racconti.
Quando i ruoli sono sovvertiti, quando le energie maschili e femminili si sovrappongono ed emergono i lati oscuri.
Miriam
Lilith mi aveva concesso più di quanto io avessi potuto immaginare. Mi aveva permesso di toccarla, di baciarla, di sentire il suo sapore, la sua carne, e questo era stato il mio premio. Un premio per essere stato il suo servo e il suo più fidato protettore.
“Perché?” le avevo domandato la mattina dopo quella magica concessione.
Non avevo mai osato porgerle alcuna domanda. Era lei che mi infliggeva domande, o meglio ordini e io eseguivo. Ma quella notte era cambiato qualcosa. Quella notte mi ero svegliato con il suo profumo addosso, quel mix di rosa di maggio, gelsomino e legno di sandalo che mi inebriavano le narici tanto da inspirare con foga l’aria in quella stanza. La stanza in cui mi aveva permesso di dormire, accanto a lei.
“Ho voglia di cioccolato, Edoardo” mi aveva risposto.
In meno di un secondo, mi ero infilato la giacca senza neppure ricordare la domanda che le avevo appena posto. Non avevo diritto ad una risposta, ma avevo l’occasione di servirla ancora, e ancora.
Lilith mi concedeva di tanto in tanto di tornare nel mio monolocale, un appartamento di trenta metri quadrati al piano rialzato di un vecchio palazzo in periferia.
“Mangia e torna da me”.
Una sera tornando nel suo magnifico attico, avevo captato l’ombra di un altro uomo e per la prima volta aveva risposto ad una domanda che non ero riuscito a tenere per me.
“Chi è?”
“Uno dei tanti, uno come te” aveva risposto con un ghigno affilato che aveva trafitto un cuore di speranze, il mio. Quella risposta mi aveva fatto a pezzi l’orgoglio e avevo sentito l’anima lacerarsi di un’illusione che avevo accolto erroneamente dentro di me. Non ero l’unico. Non lo ero mai stato. Come me, altri uomini servivano rigorosamente Lilith, con la voglia e la passione di chi si sarebbe fatto distruggere per lei.
“Non essere geloso Edoardo, sei uno dei miei preferiti” mi aveva sussurrato dopo avermi lambito l’orecchio con la lingua.
Dopo essermi disilluso e fatto calpestare da quel demone, un’altra speranza si era insinutata dentro di me, la speranza che stesse dicendo la verità. Avevo accettato di non essere l’unico, ma avevo sperato davvero di essere uno dei suoi eletti.
L’uomo che avevo intravisto in camera sua si stava rivestendo e ostacolai ogni pensiero che si stava facendo strada nella mia mente. Mi voltai dall’altra parte, quando quell’uomo intraprese la strada per uscire dall’appartamento di Lilith. Sebbene avessi chiuso l’accesso alla vista di quell’uomo, la scia del profumo che si era portato addosso mi sbloccò quei pensieri che avrei voluto gettare nell’inconscio.
Quella notte, Lilith era insaziabile. Mi aveva ordinato di spogliarla, toccarla e penetrarla in ogni modo possibile. Quella notte, mi aveva concesso un altro premio. Le sue unghie si era conficcate nella mia carne, le sue gambe avevano avvolto la mia schiena e i suoi respiri si erano scontrati coi miei.
“Questo è per il furto del fuoristrada. Sei stato scaltro e manipolatore” si era complimentata. Quegli apprezzamenti non facevano che inorgoglirmi e accrescere il mio ego. Ormai, vivevo per quelle lusinghe. Lei che mi dava ordini assurdi e io che ubbidivo come un mastino, quando, invece, fino al giorno prima di conoscerla non osavo neanche rubare una noce dai banchi del mercato.
Le notti che trascorrevo a osservarla dormire erano divenuti i momenti in cui una sola domanda aveva iniziato a martellarmi le meningi.
Io ero già un ladro o lo ero diventato? Non si cambia da un giorno all’altro. Un assassino lo è prima di far fuori la sua vittima, come un ladro lo è prima di fare il colpo in banca.
Lilith aveva aperto la porticina del mio inconscio bandendo definitivamente il super io che mi aveva posseduto per tutta l’esistenza. Aveva fatto a brandelli la mia umanità, rendendomi schiavo di un demone bellissimo di cui volevo soddisfare ogni malsano desiderio.
Se ero un ladro sin dal principio, le avrei rubato ogni altro uomo che respirava la sua stessa aria. Lo avrei preso e scaraventato via, sarei stato il solo a condividere l’inferno con lei. Volevo vivere con Lilith in ogni dove e in ogni quando.
Avevo pianificato il modo di liberarmi degli altri parassiti. Avevo iniziato a seguirla, sebbene sapessi nel profondo che lei vedeva ogni mia scelta. Lei mi leggeva dentro. Lei era un demonio che conosceva ogni segreto disperato del mio cuore.
“Quanti, Edoardo?” mi aveva domandato una notte dopo avermi concesso il suo corpo.
Avevo deglutito a fatica e mi ero mosso trepidante verso la porta di uscita.
“Fermati, Edoardo” aveva inferto con rigore.
E nonostante la mia volontà di disertare quella direttiva, i miei piedi si erano inchiodati al pavimento e la gravità aveva rivelato la sua forza imbattibile. I miei piedi, il mio intero corpo si erano immobilizzati in modo perentorio.
“Quanti?” aveva domandato. “Non te lo chiederò un’altra volta”.
Avevo inspirato profondamente, per avere abbastanza ossigeno una volta vuotato il sacco. A pieni polmoni, mi ero voltato verso di lei e l’avevo guardata negli occhi e non perché lo volessi, ma perché lei lo aveva preteso.
“Tre” avevo sputato fuori.
Era rimasta a fissarmi per un tempo lunghissimo, un minuto. Si era alzata dal letto, era venuta verso di me, nuda e con gli occhi dannatamente magnetici. Mi aveva agguantato il collo, affondandoci le sue unghie affilate, aveva portato la sua bocca al mio orecchio e aveva sussurrato una parola. Una parola di quattro lettere che solitamente dicono quando hai fatto i compiti a casa o hai fatto revisionare per tempo la macchina. Con quella parola, Lilith era riuscita di nuovo a sconvolgere i miei pensieri.
“Bene” aveva detto. Poi, mi aveva preso la mano e mi aveva guidato verso la sua stanza. Quella notte mi aveva fatto dono una seconda volta del suo corpo e io ero diventato il sovrano dei servi di Lilith, avevo deciso chi potesse starle accanto e chi, invece, dovesse scendere in un inferno più cavernoso, ancora più profondo rispetto a quello in cui viveva Lilith.